15/06/2020 Davide

L’importanza della facilitazione nell’apprendimento

La formazione ha da sempre il limite della distanza. La trasmissione di competenze avviene in modo univoco dal formatore al partecipante. Un soggetto attivo che costruisce e codifica una serie di conoscenze destinate ad altri soggetti passivi, un pubblico che non interviene se non ex post nella fase di rielaborazione, e solo grazie all’impegno personale potrà capitalizzare quelle informazioni nell’esperienza di vita.

Cosa cambia con la facilitazione? Prima di tutto il ruolo del conduttore. Non c’è una vera e propria distanza tra un moderatore e un gruppo per via di un’esperienza progettata ed esercitata attivamente sul campo. Il facilitatore, utilizzando il design thinking e facendo riferimento a strumenti di progettazione collaborativa si mette al servizio dei partecipanti offrendo scenari reali, situazioni operative in cui mettersi in gioco. Si collabora per la costruzione di una soluzione a partire dalla definizione di un problema da risolvere. L’incipit è l’acquisizione di un forma mentis anche tecnica che, grazie al confronto e alla cooperazione, possa far nascere intuizioni brillanti. La leva che consente questo salto nella crescita personale e professionale è la centralità dell’uomo, dei suoi bisogni e necessità. Quello che viene definito il modello human centred.

Mettere un utente al centro di qualsiasi servizio, prodotto o modello organizzativo è prima di tutto una rivoluzione culturale. Si esce dal modello capitalistico di mercato per entrare in un processo di innovazione sociale, in un fare attento a ogni aspetto della vita. Un servizio diventa utility, un bene primario non è solo un oggetto da produrre perché sia consumato, ma è un qualcosa che deve corrispondere a dei valori di sostenibilità, di eco-compatibilità, di rispetto dell’ambiente, di garanzia di equità sociale, di supporto della qualità dello stile di vita.

Come co-design lavoriamo con l’approccio del temporary management seguendo passo dopo passo l’evoluzione dei progetti fino alla realizzazione del prototipo o del prodotto finito.

Può essere il riposizionamento di un’azienda o, magari, il ripensamento delle sue strategie di comunicazione; si può parlare del design di modelli organizzativi o del miglioramento delle azioni di CSR; si possono costruire iter formativi innovativi per la valorizzazione delle risorse e per il talent engagement; si possono pianificare attività di produzione di contenuti complessi ed eventi corporate. Il modello non cambia, piuttosto coinvolge moderatori e facilitatori con diversi gradi di specializzazione. La dimensione collaborativa, la preparazione e l’uso di strumenti tecnici, l’approccio interdisciplinare delle professionalità coinvolte calano i progetti in una dimensione di concreta operatività.

L’approccio del design, grazie a toolkit personalizzati sulle esigenze dell’interlocutore, permette di attivare pratiche nell’idea di far crescere le conoscenze, le competenze, le attitudine, le abilità e i talenti dei partecipanti. Compito del facilitatore è la pianificazione, l’allestimento, il d’ordinamento di una cassetta degli attrezzi, come una sorta di libro delle istruzione che lasci ai singoli l’estro dell’invenzione e il criterio della costruzione.

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