La formazione ha da sempre il limite della distanza. La trasmissione di competenze avviene in modo univoco dal formatore al partecipante. Un soggetto attivo che costruisce e codifica una serie di conoscenze destinate ad altri soggetti passivi, un pubblico che non interviene se non ex post nella fase di rielaborazione, e solo grazie all’impegno personale potrà capitalizzare quelle informazioni nell’esperienza di vita.
Cosa cambia con la facilitazione? Prima di tutto il ruolo del conduttore. Non c’è una vera e propria distanza tra un moderatore e un gruppo per via di un’esperienza progettata ed esercitata attivamente sul campo. Il facilitatore, utilizzando il design thinking e facendo riferimento a strumenti di progettazione collaborativa si mette al servizio dei partecipanti offrendo scenari reali, situazioni operative in cui mettersi in gioco. Si collabora per la costruzione di una soluzione a partire dalla definizione di un problema da risolvere. L’incipit è l’acquisizione di un forma mentis anche tecnica che, grazie al confronto e alla cooperazione, possa far nascere intuizioni brillanti. La leva che consente questo salto nella crescita personale e professionale è la centralità dell’uomo, dei suoi bisogni e necessità. Quello che viene definito il modello human centred.
Mettere un utente al centro di qualsiasi servizio, prodotto o modello organizzativo è prima di tutto una rivoluzione culturale. Si esce dal modello capitalistico di mercato per entrare in un processo di innovazione sociale, in un fare attento a ogni aspetto della vita. Un servizio diventa utility, un bene primario non è solo un oggetto da produrre perché sia consumato, ma è un qualcosa che deve corrispondere a dei valori di sostenibilità, di eco-compatibilità, di rispetto dell’ambiente, di garanzia di equità sociale, di supporto della qualità dello stile di vita.
Come co-design lavoriamo con l’approccio del temporary management seguendo passo dopo passo l’evoluzione dei progetti fino alla realizzazione del prototipo o del prodotto finito.
Può essere il riposizionamento di un’azienda o, magari, il ripensamento delle sue strategie di comunicazione; si può parlare del design di modelli organizzativi o del miglioramento delle azioni di CSR; si possono costruire iter formativi innovativi per la valorizzazione delle risorse e per il talent engagement; si possono pianificare attività di produzione di contenuti complessi ed eventi corporate. Il modello non cambia, piuttosto coinvolge moderatori e facilitatori con diversi gradi di specializzazione. La dimensione collaborativa, la preparazione e l’uso di strumenti tecnici, l’approccio interdisciplinare delle professionalità coinvolte calano i progetti in una dimensione di concreta operatività.
L’approccio del design, grazie a toolkit personalizzati sulle esigenze dell’interlocutore, permette di attivare pratiche nell’idea di far crescere le conoscenze, le competenze, le attitudine, le abilità e i talenti dei partecipanti. Compito del facilitatore è la pianificazione, l’allestimento, il d’ordinamento di una cassetta degli attrezzi, come una sorta di libro delle istruzione che lasci ai singoli l’estro dell’invenzione e il criterio della costruzione.